TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                  in funzione di giudice del lavoro 
 
    Ordinanza di rimessione  degli  atti  alla  Corte  Costituzionale
pronunciata nella causa iscritta al n. 9666 R.G.L. 2014, promossa da:
Benedetto  Antonio,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  Roberto
Bausardo e Valentina Sechi  (domiciliatari),  entrambi  del  Foro  di
Torino, parte ricorrente; 
    Contro  REAR  Soc.  Coop.  a  R.L.,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, sig.  Antonio  Munafo',  rappresentata  e
difesa  dall'avv.  Nicola  Mangione  (domiciliatario),  del  foro  di
Torino, nonche' dagli  avv.ti  Giorgio  Frus  ed  Andrea  Buchicchio,
entrambi del Foro di Torino, parte convenuta. 
    Oggetto   della   causa:    ricalcolo    retributivo    derivante
dall'applicazione di diverso CCNL (domanda  principale)  e  pagamento
delle integrazioni contrattuali delle indennita' legali di infortunio
e malattia (domanda subordinata). 
    Oggetto  della  rimessione:   art.   92,   comma   2, codice   di
procedura civile (nel testo modificato dall'art. 13 del decreto-legge
12 settembre 2014, n. 132, e quindi dalla  legge  di  conversione  10
novembre 2014, n. 162), in riferimento: 
        all'art. 3, comma 1, Cost.  (inteso  sia  come  principio  di
ragionevolezza  delle  scelte  legislative  che  come  principio   di
eguaglianza delle situazioni  incluse  nella  norma  rispetto,  quale
tertium comparationis, a quelle - di pari gravita' ed  eccezionalita'
- escluse da essa, quali quelle, a titolo esemplificativo,  prese  in
considerazione dalla Corte di Cassazione (punti nn.  16  e  17  della
presente ordinanza), 
        all'art. 24, comma 1, Cost., 
        all'art. 111, comma 1, Cost., 
    avuto inoltre riguardo all'art. 69, par.  3,  comma  1  (relativo
alla compensazione delle spese di lite per «motivi eccezionali»)  del
Regolamento di procedura della Corte di Giustizia UE 19 giugno 1991. 
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    sciogliendo la riserva assunta all'udienza dell'11 gennaio 2016; 
    preso atto delle  conclusioni  formulate  dalle  parti  all'esito
della   discussione   relativa   alla   questione   di   legittimita'
costituzionale prospettata d'ufficio dal  giudice  con  ordinanza  24
novembre 2015, concernente l'art. 92, 2° comma, codice  di  procedura
civile (nel  testo  modificato  dall'art.  13  del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 132,  e  quindi  dalla  legge  di  conversione  10
novembre 2014, n. 162), in  riferimento  agli  articoli  3,  24,  111
Cost.; 
    osserva sul punto quanto segue. 
I. La vicenda di causa. 
    1. Il ricorrente e' socio lavoratore della Cooperativa convenuta,
con mansioni di addetto al controllo ingressi ed  alla  viabilita'  e
con rapporto di lavoro subordinato regolato dal CCNL Coop.  Terziario
e  Servizi  Cnai/Cisal  2001,  quindi  dal  CCNL  Coop.  Multiservizi
Unci/Confsal 2004  e  infine  dal  CCNL  Coop.  Vigilanza  e  Servizi
Fiduciari Lega-Coop/Conf-Cooperative/Filcams-Cgil/Fisascat-Cisl 2013. 
    2. Contesta in giudizio i parametri retributivi correlati a  tali
CCNL, che ritiene non conformi al  combinato  disposto  dell'art.  36
Cost., dell'art. 3, comma 1, della legge 3 aprile  2001,  n.  142,  e
dell'art. 7, comma 4, del decreto-legge 31  dicembre  2007,  n.  248,
convertito nella legge 28 febbraio 2008, n.  31,  norma  quest'ultima
che impone alle cooperative l'applicazione dei  soli  CCNL  stipulati
dalle «organizzazioni datoriali  e  sindacali  comparativamente  piu'
rappresentative a livello nazionale nella categoria». 
    3. Chiede pertanto, in via principale  l'applicazione  a  proprio
beneficio         del         CCNL         Coop          Multiservizi
LegaCoop/ConfCooperative/Filcams-Cgil/Fisascat-Cisl/UilTrasporti-Uil,
con conseguente condanna della resistente al  pagamento  dell'importo
di € 30.040,53 lordi, a titolo di  differenze  retributive,  nascenti
dall'applicazione di tale CCNL. 
    4. Chiede, in subordine, ove il  Tribunale  non  ritenga  fondata
l'applicazione dell'invocato CCNL Multiservizi  LegaCoop  e  al.,  la
condanna della convenuta al pagamento dell'importo di  € 7.809,07,  a
titolo  di  integrazione  contrattuale  delle  indennita'  legali  di
infortunio  e  di  malattia,  computato  con  riferimento   al   CCNL
Multiservizi Unci/Confsal e poi al CCNL Vigilanza e Servizi Fiduciari
applicati dalla resistente. 
    La convenuta chiede  a  sua  volta  il  rigetto  del  ricorso  ed
osserva, quanto alla domanda principale, che la retribuzione  erogata
al lavoratore rispetta i parametri normativi dal  medesimo  invocati,
avuto riguardo: a)  al  livello  della  retribuzione  erogatagli  dal
gennaio  2014,  in  conformita'  con  il  CCNL  Vigilanza  e  Servizi
Fiduciari  2013  LegaCoop/ConfCooperative/Filcams-Cgil/Fisascat-Cisl,
da  utilizzare  come  parametro  di   congruita'   per   il   periodo
antecedente; b) alle tabelle retributive del CCNL per i dipendenti da
proprietari      di       fabbricati       Confedilizia/Filcams-Cgil/
Fisascat-Cisl/Uiltucs-Uil (che all'art. 17 contempla  gli  addetti  a
vigilanza  e  custodia),  ai  fini   del   giudizio   di   congruita'
retributiva. 
    6. Quanto poi alla domanda subordinata, osserva che  l'esclusione
dell'integrazione contrattuale delle indennita' legali di malattia  e
di infortunio fa seguito alla delibera assembleare 20 giugno 2011, da
ritenere legittima giacche' accompagnata dalla  temporanea  messa  in
stato  di  crisi  ed  approvata  con  l'obiettivo  di  garantire   la
sopravvivenza  della  compagine  sociale,  in   ragione   del   forte
indebitamento esistente verso gli istituti di credito, in conformita'
con l'art. 6, comma 1, lettera d) ed e), della legge 3  aprile  2001,
n. 142. 
    7. A seguito dell'espletamento di CTU contabile,  che  prende  in
considerazione, ai fini del giudizio di congruita' retributiva, i due
CCNL indicati dalla resistente, e della successiva discussione orale,
il Tribunale pronuncia sentenza non definitiva (1)  ,  con  la  quale
decide l'intero merito della controversia, con il rigetto  sia  della
domanda  principale  che   di   quella   subordinata,   nonche'   con
l'attribuzione delle spese di CTU alle parti,  in  ragione  del  50%,
risultando la perizia cintabile disposta d'ufficio dal Tribunale,  al
di fuori di qualsivoglia sollecitazione delle parti stesse. 
    8. Dispone nel contempo, con separata ordinanza, la  prosecuzione
del giudizio per la definizione della questione residua, afferente il
regolamento delle spese di lite e, in tale sede, prospetta  d'ufficio
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  92,  comma  2,
codice di procedura civile (nel testo  modificato  dall'art.  13  del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132,  e  quindi  dalla  legge  di
conversione 10 novembre 2014, n. 162), in riferimento  agli  articoli
3, 24 e 111 Cost. 
    9. In sede di discussione finale le  parti  cosi'  concludono  su
tale punto: 
        il ricorrente chiede la  rimessione  degli  atti  alla  Corte
Costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata  la  questione
di legittimita' costituzionale della norma citata, in riferimento  ai
menzionati parametri costituzionali; 
        la convenuta ritiene viceversa  costituzionalmente  legittima
la norma in  oggetto,  ritenendo  che  la  sua  attuale  formulazione
rientri nella sfera di discrezionalita' propria del legislatore, onde
chiede la definizione del giudizio,  con  sentenza  di  condanna  del
ricorrente al pagamento delle spese di lite; e  a  tal  fine  produce
stralcio (relativo all'art. 13) della  Relazione  ministeriale  (Min.
Giustizia) al DDL  di  conversione  in  legge  del  decreto-legge  n.
132/2014 nonche' nota spese di lite (2) . 
II. La giurisprudenza sul testo originario  dell'art.  92,  comma  2,
codice di procedura civile (3) . 
    10. Con sentenze 30 luglio 2008, nn. 20598 e  20599,  le  Sezioni
Unite  della  Corte  di  Cassazione  (4)   compongono  il   contrasto
esistente nell'ambito della stessa Corte,  tra  pronunce  che  negano
l'obbligo di motivazione  della  compensazione  per  «giusti  motivi»
(essendo ritenuta espressione di mero potere discrezionale)  e  altre
che  lo   affermano   (onde   sfuggire   a   consistenti   dubbi   di
incostituzionalita'  della  norma,  in  riferimento  all'obbligo   di
motivazione ex art. 111, comma  6,  Cost.),  stabilendo  il  seguente
principio di diritto, cosi' poi riassunto nella sentenza della stessa
Corte 27 aprile 2009, n. 9886 (5) : 
        «nel regime anteriore a quello introdotto dall'art. 2,  comma
1, lettera a), della legge 28 dicembre 2005, n. 263, il provvedimento
di compensazione parziale o totale delle spese  per  «giusti  motivi»
deve trovare un adeguato supporto  motivazionale,  anche  se,  a  tal
fine, non e'  necessaria  l'adozione  di  motivazioni  specificamente
riferite  a  detto  provvedimento  purche',  tuttavia,   le   ragioni
giustificatrici dello stesso siano chiaramente  e  inequivocabilmente
desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno  della
statuizione di merito (o di rito). Ne  consegue  che  deve  ritenersi
assolto l'obbligo  del  giudice  anche  allorche'  le  argomentazioni
svolte per la statuizione di merito (o di  rito)  contengano  in  se'
considerazioni  giuridiche  o  di  fatto  idonee  a  giustificare  la
regolamentazione delle spese adottata,  come  -  a  titolo  meramente
esemplificativo - nel caso in cui si da' atto, nella motivazione  del
provvedimento,  di  oscillazioni  giurisprudenziali  sulla  questione
decisa, ovvero di oggettive difficolta'  di  accertamenti  in  fatto,
idonee  a  incidere  sulla  esatta  conoscibilita'  a  priori   delle
rispettive ragioni delle parti, o  di  una  palese  sproporzione  tra
l'interesse concreto realizzato dalla parte  vittoriosa  e  il  costo
delle  attivita'  processuali  richieste,  ovvero,  ancora,   di   un
comportamento  processuale  ingiustificatamente  restio  a   proposte
conciliative  plausibili  in  relazione  alle   concrete   risultanze
processuali». 
    11. Dopo tale pronuncia,  quindi,  come  si  legge  nella  citata
sentenza  della  Corte  di  Cassazione  27  aprile  2009,  n.   9886,
costituisce «diritto vivente» il seguente principio di diritto (6) : 
        «in tema di spese  processuali,  integra  gli  estremi  della
violazione di legge (art.  92,  secondo  comma,  codice  di procedura
civile), denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimita', la
decisione di compensazione delle spese del giudizio  giustificata  da
generici «motivi di opportunita' e di equita'», quando le ragioni  in
base alle quali il giudice abbia accertato e valutato la  sussistenza
dei presupposti di legge per esercitare il  potere  di  compensazione
delle spese  non  emergano  ne'  da  una  motivazione  esplicitamente
specifica ne', quanto meno, da  quella  complessivamente  adottata  a
fondamento dell'intera pronuncia, cui la decisione  di  compensazione
delle spese accede». 
III. La giurisprudenza sull'art. 92, comma  2,  codice  di  procedura
civile, dopo la novella n. 263/2005 (7) . 
    12. A seguito dell'art. 2, comma 1, lettera a),  della  legge  28
dicembre 2005, n. 263, il testo originario  dell'art.  92,  comma  2,
codice di procedura civile viene modificato con l'introduzione di una
locuzione aggiuntiva, la  quale  stabilisce  che  i  «giusti  motivi»
devono essere «esplicitamente indicati nella motivazione». 
    13. Viene cosi' introdotta  una  regolamentazione  vincolante  in
ordine alla motivazione della compensazione delle spese  per  «giusti
motivi»,  che  deve  ora  essere  specifica  e  cioe'  specificamente
riferita  alle  ragioni  che  giustificano  la  deroga  al  principio
generale della soccombenza, cosicche' tali ragioni non  possono  piu'
essere desunte - come per l'innanzi e cioe' nel  regime  pre-vigente,
come da ultimo interpretato dalle Sezioni Unite  della  Corte  (sent.
nn. 2598 e 2599 del 2008) e destinato a divenire «diritto vivente»  -
dall'impianto motivazionale della decisone e quindi con un  riscontro
effettuato per relationem. 
    14. La disposizione, come riconosciuto dalle Sezioni Unite  della
Corte di Cassazione, nelle gia' citate pronunce 30 luglio  2008,  nn.
20598 e 20599, ha portata innovativa  (8)   e,  pertanto,  dopo  tale
novella, non puo' piu' ritenersi soddisfatto l'obbligo di motivazione
quando la compensazione si fondi ad esempio sulla «peculiarita' della
fattispecie», che non consente il controllo  sulla  congruita'  delle
ragioni poste alla base di tale decisione, neppure se  integrate  dal
percorso motivazionale (cosi' Cassazione 30 maggio 2008, n. 14563,  e
18 dicembre 2007, n. 26673 (9) ). 
    15.  Tale  modifica  appare  del  tutto  giustificata  sul  piano
costituzionale, tenuto conto dalla parte motiva dell'ordinanza  della
Corte costituzionale 21 dicembre 2004, n. 395 (10) , nella precisa  e
convincente lettura che ne danno poi le Sezioni Unite della Corte  di
Cassazione, con le citate decisioni  nn.  20598  e  20599  del  2008,
laddove evidenziano quanto segue (11) : 
        «con l'ordinanza citata la Corte costituzionale  ...  non  ha
avvallato  come  conforme  alla  Costituzione   una   interpretazione
dell'art. 92 codice di procedura civile che esonerasse il giudice  da
ogni  obbligo  di  motivazione,  ma  ha  affermato  che  il   giudice
rimettente,  una  volta   interpretata   alla   luce   dei   principi
costituzionali (e in particolare dell'art. 111, sesto  comma,  Cost.)
la norma che disciplina la compensazione delle  spese  di  lite,  nel
senso che essa attribuisce al giudice un potere discrezionale, e  non
gia' arbitrario,  di  derogare  alla  regola  legale  imperniata  sul
principio della soccombenza (art. 91  codice  di  procedura  civile),
doveva in tali termini farne applicazione, dando  quindi  conto,  con
adeguata motivazione, dei «giusti motivi» che  lo  inducevano  a  non
porre, in tutto o in parte, le spese di lite  a  carico  della  parte
soccombente». 
IV. La casistica giurisprudenziale sui giusti motivi di compensazione
delle spese (12) . 
    16. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha sindacato
nel merito i motivi addotti dal giudice per  la  compensazione  delle
spese di lite per giusti motivi - formatasi sia sotto la vigenza  del
testo originario dell'art. 92, 2° comma, codice di  procedura  civile
sia dopo la modifica introdotta dalla legge 28 dicembre 2005, n. 63 -
ritiene validi motivi di compensazione i seguenti casi: 
        la  non  univocita'  della  giurisprudenza,  soprattutto   di
merito, sull'interpretazione di una particolare espressione normativa
(Cass. 9 luglio 1993, n. 7535); 
        la particolare complessita'  e  la  novita'  delle  questioni
trattate (Cass. 23 maggio 2003, n. 8210; Sez, Un., 15 novembre  1994,
n. 9597); caratteristiche, queste, che permangono fino a che  non  si
formi su di esse un orientamento di legittimita'  (Cass.  20  gennaio
2003, n. 770); 
        la peculiarita' e la complessita'  delle  questioni  trattate
(Cass. 1° dicembre 2003, n. 18352) o, quantomeno, una peculiarita'  e
complessita' tali (per evitare di essere  puramente  tautologica)  da
consentire il superamento del controllo di  legalita'  sui  motivi  e
cioe' da essere in sostanza apprezzabili e di sicuro rilevo (Cass. 30
aprile 2012, n. 6608); 
        il rilevante divario nel quantum  tra  petitum  originario  e
statuizione  giudiziale  di  accoglimento  della  domanda  (Cass.,  6
dicembre 2003, n. 18705); 
        il  concorso  della  parte  totalmente  vincitrice   con   la
controparte soccombente, nella stipula di un accordo,  oggetto  della
lite, contra legem (Cass. 28 novembre 2003, n. 18238); 
        la corresponsabilita' nella lite della  parte  giudizialmente
vittoriosa con la controparte soccombente, in ragione  del  carattere
non inequivoco della pattuizione oggetto della  vertenza,  di  tenore
idoneo cioe' ad ingenerare plurime possibili opzioni  interpretative,
di cui costituisce la fonte (Cass. 28 novembre 2003, n. 18238); 
        l'affidamento  della  parte  soccombente  (la   P.A.)   nelle
risultanze di un pubblico registro, nella  specie  rappresentato  dal
P.R.A., con riferimento ad un'ipotesi di violazione del codice  della
strada contestata dall'autorita' (Cass. 21 gennaio 2013, n. 1371). 
    17. Le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione  30
luglio 2008, nn. 20598 e 20599 (13) ,  piu'  volte  citate,  indicano
inoltre, «a titolo meramente esemplificativo»,  i  seguenti  casi  di
compensazione delle spese per «giusti motivi»: 
        le oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa; 
        le oggettive difficolta' degli accertamenti in fatto,  idonee
ad incidere sull'esatta  conoscibilita'  a  priori  delle  rispettive
ragioni delle parti; 
        la palese sproporzione tra  l'interesse  concreto  realizzato
dalla parte  vittoriosa  ed  il  costo  delle  attivita'  processuali
richieste; 
        il comportamento processuale della parte, ingiustificatamente
restio a formulare proposte  conciliative  plausibili,  in  relazione
alle concrete risultanze processuali, ecc. 
V. Il testo dell'art. 92, comma 2, codice di procedura civile dopo la
novella n. 69/2009. 
    18. A seguito dell'entrata in  vigore  dell'art.  45,  comma  11,
della legge 18 giugno 2009, n. 69, la locuzione utilizzata  dall'art.
92, comma 2, codice di procedura civile  (nel  testo  modificato  nel
2005), per regolare la  compensazione  delle  spese,  dopo  l'ipotesi
della soccombenza reciproca, e  cioe':  «o  concorrono  altri  giusti
motivi, esplicitamente indicati nella motivazione», viene  sostituita
dalla seguente: «o concorrono altre  gravi  ed  eccezionali  ragioni,
esplicitamente indicate nella motivazione». 
    19. Ad avviso del  Tribunale  con  tale  modifica  si  e'  inteso
fornire una base legale alla giurisprudenza della Corte di Cassazione
(come indicata nel paragrafo che precede), che, nel corso del  tempo,
viene individuando in modo rigoroso i casi di possibile compensazione
delle  spese  di  lite,  in  deroga  al  principio   generale   della
soccombenza, o si trova ad indicarli a livello esemplificativo,  come
nel caso delle Sezioni Unite 2008 di tale Corte, nelle  due  pronunce
(nn. 20598 e 20599) sopra citate. 
    20. Con la previsione  secondo  cui  le  ragioni  giustificatrici
della compensazione delle spese di lite devono  essere  non  soltanto
esplicitate, ma esser anche gravi ed eccezionali, la novella vuole in
sostanza evidenziare: 
        [a] che non ogni ragione, per il fatto d'essere  specificata,
puo' essere motivo di compensazione,  ma  solo  quelle  di  rilevante
portata e cioe' meritevoli di apprezzamento e tutela  (cosa  peraltro
gia' desumibile, sia pure in modo  indiretto,  nei  precedenti  testi
della norma, dall'aggettivo «giusti»); 
        [b] che tali ragioni devono anche essere eccezionali e  cioe'
idonee a costituire una ragionevole eccezione  alla  regola  generale
della soccombenza. 
    21. Con il che si poteva ritenere che  le  modifiche  alla  norma
processuale in esame fossero pervenute a conclusione  -  e,  si  puo'
aggiungere, ad una ragionevole conclusione, avendo posto rimedio alla
prassi di una parte della giurisprudenza, che aveva utilizzato motivi
di compensazione del tutto privi di consistenza o  tautologici,  come
tali censurati dalla Corte di Cassazione (14)  - dal momento  che  il
giudice, dopo tale novella, viene gravato dell'obbligo  non  soltanto
di fornire una motivazione specifica a  corredo  della  compensazione
delle spese di lite, ma di doverla anche individuare  nell'ambito  di
situazioni del tutto apprezzabili sul piano della giustizia del  caso
concreto e di  rispondenza  ad  un  parametro  di  rigore,  cosi'  da
consentirne la verifica ex post, in termini sia di  meritevolezza  di
tutela che di ragionevolezza dell'eccezione individuata. 
VI. Il testo dell'art. 92, comma 2, codice di procedura  civile  dopo
la novella n. 162/2014. 
    22.  A  seguito  dell'entrata  in   vigore   dell'art.   13   del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (come modificato dalla  legge
di conversione 10 novembre 2014, n. 162), l'art. 92, comma 2,  codice
di procedura civile viene sottoposto  ad  un  processo  di  integrale
revisione,  dal  momento  che  scompare  da  esso  la  previsione  di
carattere «aperto» che da  150  anni  contrassegna  il  regime  della
compensazione delle spese di lite  (15)   -  rappresentata  un  tempo
dalla locuzione sui «giusti motivi» divenuti poi, con la riforma  del
2009, per ragioni di maggior rigore espressivo, «gravi ed eccezionali
ragioni» - per lasciare  invece  posto  ad  una  previsione  di  tipo
«tassativo»; ristretta peraltro a due soli casi (oltre a quello della
soccombenza reciproca, esistente dal 1940) e cioe' «assoluta  novita'
della questione trattata» e «mutamento della giurisprudenza  rispetto
alle questioni dirimenti», al di fuori dei quali casi non  e'  quindi
consentito al giudice la compensazione delle spese di lite. 
    23. La Relazione Ministeriale  (Min.  Giustizia)  al  disegno  di
legge di conversione del decreto-legge n. 132/2014  spiega  cosi'  il
motivo di tale scelta riformatrice (16) : 
        dopo avere premesso che 
          «Complementari  finalita'  di  contrazione  dei  tempi  del
processo civile fondano le misure per la funzionalita'  del  medesimo
processo, quali: la limitazione delle ipotesi in cui il giudice  puo'
compensare le spese del processo ...», 
        specifica poi quanto segue: 
          «Compensazione delle spese (art. 13). 
    Nonostante le modifiche restrittive introdotte negli ultimi anni,
nella pratica applicativa si continua  a  fare  larghissimo  uso  del
potere discrezionale di compensazione delle  spese  processuali,  con
conseguente incentivo alla lite, posto che la  soccombenza  perde  un
suo naturale e rilevante costo, con  pari  danno  per  la  parte  che
risulti aver avuto ragione. 
    Con  la  funzione  di  disincentivare  l'abuso  del  processo  e'
previsto che la compensazione possa essere disposta dal giudice  solo
nei casi di soccombenza reciproca ovvero di novita'  della  questione
decisa o mutamento detta giurisprudenza. 
    Stante il particolare affidamento che la parte che  introduce  il
giudizio  fa  nel  regime  delle  spese,  si  e'  ritenuto  opportuno
stabilire che la previsione in parola  si  applichi  ai  procedimenti
introdotti a decorrere dal trentesimo giorno  successivo  all'entrata
in vigore della legge di conversione del decreto». 
    24. Non e' di competenza del Tribunale (non  avendo  neppure  gli
strumenti e le informazioni per farlo)  stabilire  se  la  situazione
descritta nella Relazione ministeriale (Min.  Giustizia)  risponda  o
meno a verita'. 
    25. Si puo' ritenere, in assenza di riscontri  contrari,  che  le
cose stiano nei termini ivi descritti e  in  questa  sede  si  tratta
allora di verificare se lo strumento utilizzato dal legislatore, come
motivato dal Ministro competente, proponente il  DDL  di  conversione
del  decreto-legge,  sia  adeguato  o  meno  rispetto   all'obiettivo
proposto,  avuto  riguardo  ai   principi   contenuti   nella   Carta
Costituzionale; e in proposito si formulano i seguenti sette rilievi. 
    26.  Primo.  La  materia,  come  storicamente  affrontata   dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  (17)  ,  pone  in   luce   un'ampia
casistica, quanto alle ragioni ritenute meritevoli  di  compensazione
delle spese; cosicche', in ragione di tale varieta', la  materia  non
si presta, per definizione, ad un intervento normativo  di  carattere
tassativo, ma se mai di carattere esemplificativo. 
    27. In tal senso si esprime del resto la Corte di Cassazione, con
sentenza 6 dicembre 2003, n. 18705 (18) , ove si legge che «i  giusti
motivi si sottraggono a qualunque elencazione che non  sia  meramente
esemplificativa» (19) ; affermazione,  questa,  che  richiama,  quali
precedenti, le sentenze della stessa Corte 22 aprile 2000, n. 5305, e
9 ottobre 1985, n. 4918. 
    28.  Nel  senso  del   (necessario)   carattere   esemplificativo
dell'elencazione dei «giusti motivi» si esprimono inoltre le  Sezioni
Unite della Corte di Cassazione piu' volte citate, 30 luglio 2008 nn.
20598 e 20599 (20) . 
    29. Secondo. L'art. 92, comma 2, nel testo  attualmente  vigente,
come  si  legge  nella  citata  Relazione  ministeriale  al  DDL   di
conversione del decreto-legge n. 132/2014, ha una  funzione  di  tipo
deflattivo, che del resto emerge con chiarezza dal seguente passo  di
essa: 
        «con la funzione di disincentivare l'abuso  del  processo  e'
previsto che la compensazione possa essere disposta dal giudice  solo
nei casi di soccombenza reciproca ovvero di novita'  della  questione
decisa o mutamento della giurisprudenza». 
    30. Dal passo ora  citato  si  ricava  in  sostanza  che  con  la
novella, si e' quindi inteso disincentivare il ricorso al giudice e a
tal fine si prevede che debbano essere  sanzionati  con  la  condanna
alle spese invariabilmente  tutti  i  casi  rientranti  nella  regola
generale della soccombenza, salvo tre, che rivestono quindi carattere
tassativo («solo nei casi» dice del resto la  Relazione,  di  qui  la
tassativita') e cioe': 1) soccombenza reciproca; 2) assoluta  novita'
della questione trattata; 3) mutamento della giurisprudenza  rispetto
alle questioni dirimenti. 
    31. Terzo. E' indubbio che il legislatore, nel dettare  le  norme
processuali, «gode di un'ampia discrezionalita'», come affermato piu'
volte dalla Corte costituzionale, con sentenze n. 59 del 1999, n, 158
del 2003, n. 446 del 2007, n. 270 del 2012 e, da ultimo, n.  157  del
2014,  che  richiama  al  paragrafo  4.1.  tutte  le   decisioni   in
antecedenza citate. 
    32. Questo vale anche con riferimento alla regolamentazione delle
spese di lite e della loro possibile  compensazione,  cosicche'  essa
puo' ritenersi, in via tendenziale, materia sottratta allo  scrutinio
di legittimita' costituzionale e sottoposta - se mai - a  valutazione
di opportunita' delle scelte legislative, in una prospettiva  critica
e de iure condendo. 
    33. Quarto. Se questo e' vero in linea di massima, esistono pero'
dei  limiti  sul  piano  costituzionale  che  vanno  in   ogni   caso
rispettati, dal momento che  la  discrezionalita'  legislativa  nella
materia in esame non puo' ritenersi  illimitata;  pertanto  la  legge
sulle spese processuali e sul regime della compensazione: 
        deve rispettare il parametro costituzionale di ragionevolezza
delle scelte legislative (art. 3, comma 1, Cost.); 
        deve attenersi all'obbligo costituzionale di trattare in modo
eguale situazioni eguali ed in modo differente situazioni  differenti
(art. 3, comma 1, Cost.); 
        non deve scoraggiare l'esercizio del  diritto  costituzionale
d'azione giudiziale, utilizzando  lo  strumento  deflattivo  in  modo
incongruo (art. 24, comma 1, Cost.); 
        non deve vulnerare il  principio  costituzionale  del  giusto
processo, limitando il potere-dovere del giudice di rendere giustizia
in modo appropriato al caso concreto, come dal medesimo  esaminato  e
ricostruito (art. 111, comma 1, Cost.). 
    34.  Quinto.  Ad  avviso  del  Tribunale   i   citati   parametri
costituzionali  paiono  lesi   dalla   regolamentazione   attualmente
vigente, in quanto essa isola tre ipotesi di compensazione, la  prima
dal 1940 presente nella norma e le altre due  scelte,  senza  dubbio,
nell'ambito della casistica individuata o  trattata  dalla  Corte  di
Cassazione nel periodo antecedente a tale modifica, separandole pero'
dalle altre, individuate dalla stessa Corte e di cui si  e'  trattato
sopra  (ai  punti  nn.  16  e  17),  la  cui   gravita'   (ovverossia
meritevolezza di tutela)  ed  eccezionalita'  (e  cioe'  idoneita'  a
costituire eccezione alla regola generale della  soccombenza)  appare
pur sempre tale da giustificare la compensazione  parziale  o  totale
delle spese, al pari delle due prescelte dall'ultima novella. 
    35. Ad esempio, se e' meritevole di compensazione  l'ipotesi  del
mutamento di giurisprudenza, non si vede  per  quale  motivo  non  lo
debba  invece  essere  la  situazione  di  perdurante  contrasto   di
giurisprudenza, che all'evidenza e' ipotesi diversa dalla precedente;
inoltre, se e' meritevole di  compensazione  l'assoluta  novita'  del
caso deciso, non si vede allora per quale ragione non  debba  esserlo
anche l'ipotesi dell'oggettiva difficolta' di accertamenti in  fatto,
ma idonei ad  incidere  sull'esatta  conoscibilita'  a  priori  delle
rispettive ragioni delle parti; o, ancora, non debba esserlo anche la
corresponsabilita' nella lite della parte vittoriosa, per avere  dato
corso ad una pattuizione equivoca  ed  idonea  a  ingenerare  plurime
possibili  opzioni  interpretative;  o  il   concorso   della   parte
vincitrice con  la  controparte  soccombente,  nella  stipula  di  un
accordo contra legem; o, ancora, l'affidamento della parte  risultata
soccombente sulle risultanze  di  un  pubblico  registro,  quando  e'
questo a determinare la condotta di tale parte,  poi  sanzionata  dal
giudice;  casi,  tutti,  presi  in  considerazione  dalla  Corte   di
Cassazione, come si e' visto sopra, ai punti nn. 16 e 17. 
    36. Tutti le ipotesi ora citate paiono integrare, ad  avviso  del
Tribunale, gli estremi del caso grave  ed  eccezionale,  che  avrebbe
consentito la compensazione delle spese di lite,  a  norma  dell'art.
92, comma 2, codice di  procedura  civile,  nel  testo  risultante  a
seguito della novella di cui all'art. 45, comma 11,  della  legge  18
giugno 2009, n. 69; non lo consente, invece, in alcun  modo,  con  il
testo oggi vigente, cosicche' la compensazione sarebbe ora  inficiata
da violazione di legge. 
    37. Sesto. Si scorge qui, in modo del tutto  evidente  e  chiaro,
che se il fine della nuova normativa, come  dichiarato  dal  Ministro
competente, e' quello  di  contrastare  una  prassi  giudiziaria  che
continua  ad  essere   incentrata   sul   potere   discrezionale   di
compensazione, destinata a sua volta ad incentivare la  litigiosita',
lo strumento utilizzato - imperniato sulla drastica  riduzione  delle
ipotesi  di  compensazione,  ridotte  a  solo  due  (oltre  a  quello
tradizionale, della soccombenza reciproca) - appare lesivo: 
        [1] del principio di ragionevolezza delle scelte  legislative
(art. 3, comma 1, Cost.), dal momento che: 
          a) la  pregressa  modifica  del  2009  e'  gia'  del  tutto
sufficiente a scoraggiare eventuali  abusi,  da  parte  del  giudice,
nell'uso dello strumento della compensazione,  contenendo  essa  gia'
una regolamentazione del tutto rigorosa ed appropriata; 
          b) sussiste inoltre  discrepanza  tra  il  fine  perseguito
(contrasto con  una  prassi  giudiziaria  in  atto)  e  lo  strumento
normativo utilizzato (limitazione estrema ed oltre ogni misura  delle
ipotesi di compensazione), che appare pertanto viziato per eccesso di
potere legislativo; 
          c) tale fine avrebbe del resto potuto essere perseguito con
l'introduzione di un rimedio  processuale  apposito  e  veloce,  come
quello del reclamo, suggerito dalla dottrina, sulla scorta di  quanto
previsto nella procedura civile  austriaca  (21)  ,  non  invece  con
l'irrazionale   limitazione   delle   ipotesi    di    compensazione,
irrispettosa del principio costituzionale di ragionevolezza; 
        [2] del principio di eguaglianza (art. 3,  comma  1,  Cost.),
attese le situazioni prese in considerazione dalla norma, raffrontate
- quale tertium comparationis - con quelle da essa escluse, quali  (a
titolo esemplificativo) quelle individuate  dalla  giurisprudenza  di
legittimita' e di cui si e' detto sopra, ai punti nn. 16 e 17; 
        [3] del diritto di agire giudizialmente (art.  24,  comma  1,
Cost.), dal momento che tende, in linea di fatto,  a  scoraggiare  in
modo indebito l'esercizio dei diritti in sede giudiziaria,  divenendo
cosi' uno strumento deflattivo (e  punitivo)  incongruo,  ad  esempio
nelle  ipotesi  in  cui  la  condotta  della  parte  (poi   risultata
soccombente) sia improntata  a  correttezza,  prudenza,  buona  fede,
difetto di informazioni, difficolta' di conoscenza dei fatti, erroneo
affidamento  su  condotte   altrui   (anche   pre-processuali   della
controparte)  e  quant'altro  di  simile  e  rilevante,  e  cioe'   a
situazioni del tutto antitetiche rispetto a quelle  ipotizzate  dalla
norma, correlate all'abuso del processo; 
        [4] del principio del giusto processo  (art.  111,  comma  1,
Cost.), dal momento  che  limita  il  potere-dovere  del  giudice  di
rendere giustizia, anche in ordine  al  regolamento  delle  spese  di
lite, in  modo  appropriato  al  caso  concreto,  come  dal  medesimo
esaminato e ricostruito. 
    38. Settimo. Un ulteriore parametro normativo  che  va  a  questo
punto sottolineato - in quanto conferma la ragionevolezza  del  testo
previgente dell'art. 92, comma 2, codice di  procedura  civile  (come
novellato dall'art. 45, comma 11, della legge 18 giugno 2009, n.  69)
e, in pari tempo, l'irragionevolezza del testo attualmente vigente  -
e' inoltre il par. 3,  comma  1,  dell'art.  69  del  Regolamento  di
procedura della Corte di Giustizia 19 giugno  1991,  che  prevede  la
compensazione delle spese di lite per «motivi eccezionali». 
    39. Tale norma viene applicata dalla Corte di Giustizia quando vi
siano valide  ragioni  per  ritenere  la  «buona  fede»  della  parte
soccombente, ad esempio  in  dipendenza  dell'oggettiva  complessita'
della controversia ovvero in conseguenza di atteggiamenti della parte
processualmente vittoriosa che abbiano ingenerato  errori  nell'altra
parte; o, ancora,  in  conformita'  con  un'antica  tradizione  della
stessa Corte, quando  siano  in  discussione  difficili  e  complesse
questioni giuridiche o si tratti di situazione giuridica incerta (22)
; o, infine, quando  appare  opportuno  sanzionare  il  comportamento
pre-processuale  o  anche  processuale,  abusivo   o   manifestazione
scorretto di una delle parti (23) . 
VII. Le spese di lite e la vicenda in esame. 
    40. Si tratta, a questo punto, di  delineare  le  caratteristiche
della vicenda decisa con la sentenza  non  definitiva  in  atti,  con
riferimento specifico al tema  della  compensazione  delle  spese  di
lite, in rapporto al nuovo testo di legge,  entrato  in  vigore  l'11
dicembre  2014,  giorno  in  cui  il  ricorso  viene  depositato   in
cancelleria, e pertanto da considerare applicabile  alla  fattispecie
di causa (24) . 
    41. In proposito si osserva che la questione affrontata in  causa
con riferimento alla domanda principale, puo' essere cosi'  delineata
(vedi,  sul  punto,  i  paragrafi  IV,  V,  VI  della  sentenza   non
definitiva): 
        a)  il  ricorrente  sostiene  che  i  CCNL  applicati   dalla
convenuta sino al 31  dicembre  2013,  non  risultando  stipulati  da
organizzazioni  imprenditoriali  e  sindacali  comparativamente  piu'
rappresentative, non siano  conformi  alle  prescrizioni  di  cui  al
combinato disposto dell'art.  36  Cost.,  dell'art.  3,  comma  1,  e
dell'art. 6, comma 2, della legge 3  aprile  2001,  n.  142,  nonche'
dell'art. 7, camma 4, del decreto-legge 31  dicembre  2007,  n.  248,
convertito nella legge 28  febbraio  2008,  n.  31,  e  pertanto  non
garantiscano una retribuzione congrua e sufficiente; 
        b) sostiene inoltre che al rapporto di lavoro  debba  trovare
applicazione             il             CCNL             Multiservizi
LegaCoop/ConfCooperative/Filcams-Cgil/Fisascat-Cisel/UilTrasporti-Uil
,  giacche'  stipulato  da   organizzazioni   comparativamente   piu'
rappresentative e, come tale, da ritenere  idoneo  a  realizzare  una
retribuzione congrua e sufficiente; 
        c) l'assunto sub a),  come  emerge  dalla  motivazione  della
sentenza non definitiva (25)  ,  e'  del  tutto  corretto,  essendosi
registrati  notevoli  abusi  nel  settore  delle   cooperative,   con
l'applicazione da  svariati  anni  di  tabelle  salariali  deteriori,
derivanti  da  CCNL  privi  di  effettiva  rappresentativita'  e  che
quest'Ufficio  accerta  piu'  volte   promanare   da   organizzazioni
imprenditoriali e dei lavoratori «di comodo», utilizzati ai  fine  di
reclutare manodopera a bassissimo costo, in  spregio  alla  normativa
costituzionale e legale citata dal ricorrente; 
        d) plausibile e' anche l'assunto  sub  b),  dal  momento  che
trova riscontro, oltre che  nella  Nota  1°  giugno  2012,  prot.  n.
37/0010310 del Ministero del lavoro (26) , anche nella giurisprudenza
di questo Tribunale e della Corte d'Appello di  Torino,  prodotta  in
giudizio dal ricorrente medesimo (27)   e di  cui  il  Tribunale  da'
anche conto nella sentenza non definitiva (28) ; 
        e)  il  diverso  esito  della  presente  lite  rispetto  alle
decisioni precedenti (del tutto inaspettato ed imprevedibile, per  il
ricorrente; se si considerano le decisioni in antecedenza citate)  e'
unicamente legato alla diverso  assetto  difensivo  della  resistente
(anch'esso inaspettato ed imprevedibile, per il ricorrente),  che  in
questa vicenda, a differenza di quelle pregresse, indica CCNL diversi
da quello menzionato dal ricorrente, quali termini di  raffronto  per
effettuare la verifica di congruita' della retribuzione e  cioe':  1)
il    CCNL    dipendenti    da    fabbricati,     sottoscritto     da
Confedilizia/Filcams-Cgil/Fisascat-Cisl/Uiltucs-Uil  nonche'  2)   il
CCNL         Vigilanza          e          Servizi          Fiduciari
LegaCoop/Conf-Coopera-tive/Filcams-Cgl/Fisascat-Cisl    (quest'ultimo
applicato dalla convenuta a partire dal 1° gennaio 2014); 
        f)  la  necessaria  e  doverosa  verifica  contabile  che  ne
scaturisce, a mezzo di CTU  (il  cui  esito  risulta  tutt'altro  che
scontato),  da'  un  risultato   sfavorevole   al   ricorrente,   non
evidenziando differenze retributive a favore del medesimo; 
        g) cio' e' spiegabile con l'avere la convenuta, in  linea  di
fatto, erogato al lavoratore, nel corso degli anni oggetto  di  causa
(gennaio 2005-dicembre 2013), una retribuzione migliorativa  rispetto
alle tabelle salariali dei CCNL che via via si sono  avvicendati,  in
epoca antecedente al CCNL in  vigore  presso  la  resistente  dal  1°
gennaio 2014, l'unico sottoscritto da organizzazioni comparativamente
piu' rappresentative; 
        h) la domanda proposta dal ricorrente in via principale viene
pertanto respinta, con la sentenza non definitiva. 
    42. Venendo ora alla  domanda  proposta  dal  ricorrente  in  via
subordinata, essa (come emerge dal paragrafo VII della  sentenza  non
definitiva) presenta le seguenti caratteristiche: 
        i) nel periodo dicembre 2012-marzo 2013, in cui il ricorrente
e' in infortunio, e nei periodi marzo-maggio, ottobre-dicembre 2013 e
gennaio-marzo 2014, in cui il  medesimo  si  trova  in  malattia,  la
convenuta gli eroga le indennita' previste dalla legge in relazione a
tali eventi, ma non invece le integrazioni contrattuali previste  dal
CCNL  multiservizi  UnciConfsal  e  dal  CCNL  Vigilanza  e   Servizi
Fiduciari, il primo applicato dalla convenuta  sino  al  31  dicembre
2013 e il secondo applicato a far tempo dal 1° gennaio 2014; 
        j) il  ricorrente  chiede  pertanto  che,  ove  il  Tribunale
dovesse ritenere infondata l'applicazione del CCNL  invocato  in  via
principale, condanni  la  convenuta  al  pagamento  delle  indennita'
contrattuali previste specificamente dai  due  CCNL  applicati  dalla
resistente; 
        k) la convenuta si difende, con riferimento a  tale  domanda,
evidenziando che la propria condotta deve ritenersi legittima, tenuto
conto della delibera assembleare  20  giugno  2011  e,  inoltre,  del
disposto di cui all'art. 6, comma 1, lettera d) ed e), della legge  3
aprile 2001, n. 142; 
        l) la tesi della  resistente  viene  ritenuta  fondata  nella
sentenza  non  definitiva  e,  pertanto,  anche  tale  domanda  viene
respinta. 
    43. Cio' premesso, si  tratta  a  questo  punto  di  valutare  la
condotta  del  ricorrente  per  avere  promosso  la  controversia  ed
azionato le due citate domande, risultate entrambe  infondate,  avuto
riguardo al regime  delle  spese  di  lite  e  della  loro  possibile
compensazione, quale delineato dal testo vigente dell'art. 92  codice
di procedura civile. 
    44.  Prendendo  in  considerazione  l'esito  del   giudizio   con
riferimento alla domanda principale, va detto che  esso  non  risulta
integrare, in alcun modo,  una  situazione  di  abuso  del  processo,
evidenziando per contro, in capo  al  lavoratore,  una  condotta  del
tutto corretta, improntata a totale buona fede. 
    45. Tale domanda si fonda infatti, come si e detto sopra al punto
n. 41, lett. d), su  pronunce  di  questo  Tribunale  e  della  Corte
d'Appello di Torino, che sanciscono l'applicazione del  C.C.N.L.  qui
invocato dal ricorrente, ancorche' diverso da quelli  poi  utilizzati
dal Tribunale nella sentenza non definitiva, in ragione della diversa
e  non  prevedibile  difesa  (per  il  ricorrente)  da  parte   della
resistente. 
    46. Venendo ora all'art. 92, comma 2, codice di procedura  civile
(nel testo oggi vigente), va detto che la fattispecie principale  non
presenta in alcun modo i tratti dell'assoluta novita' della questione
trattata,  dal  momento  che  essa  e'  tutt'altro  che  nuova,  come
dimostrano le pregresse sentenze prodotte  in  causa  dal  ricorrente
(29)  e citate dal Tribunale nella sentenza non definitiva (30) . 
    47. Quanto poi all'ipotesi,  prevista  dalla  norma  citata,  del
mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti,  si
osserva cio' che segue: 
        la   locuzione   «mutamento   della   giurisprudenza»   viene
comunemente usata, in ambito giuridico, per indicare il  ribaltamento
di un  principio  di  diritto  sancito  dalla  Corte  di  Cassazione,
rispetto a  quello  in  antecedenza  enunciato  dalla  stessa  Corte,
questione che ha formato anche oggetto  di  apposito  e  approfondito
studio (31)  e che, grosso  modo,  corrisponde  al  revirement  nella
giurisprudenza della  Corte  Suprema  francese  e  all'overruling  di
quella inglese; 
        in senso lato (e cioe' senza alcuna correlazione con la Corte
Suprema) tale locuzione  potrebbe  significare  -  a  fronte  di  una
fattispecie  definita  dal  diritto  vivente  e  cioe'  dal   diritto
giurisprudenziale (di merito) con l'enunciazione di  una  determinata
regola giuridica -  il  suo  repentino  abbandono  e  quindi  il  suo
ribaltamento; 
        come che sia, tale  situazione,  che  attiene  esclusivamente
all'ambito dell'interpretazione delle norme  giuridiche,  non  e'  in
alcun modo riscontrabile nel caso qui in discussione,  con  specifico
riferimento alla domanda proposta dal ricorrente in  via  principale,
dal momento che non sussiste nella materia  in  esame  alcun  diritto
vivente e, tantomeno, un suo mutamento; 
        a cio' aggiungasi  che  il  particolare  esito  del  giudizio
rispetto ad alcune precedenti pronunce e' del resto dipeso non  dalla
diversa lettura delle norme di riferimento, ma, come si  e'  chiarito
sopra, da un diverso (e non prevedibile per  il  ricorrente)  assetto
difensivo proposto dalla resistente, che rende doveroso, da parte del
Tribunale, prendere  in  considerazione  CCNL  differenti  da  quello
utilizzato  in  precedenti  vertenze  ed  invocato   in   causa   dal
ricorrente; 
        in tale contesto, contrassegnato bensi' da un  mutamento,  ma
del  CCNL,  da  utilizzare  per  la  verifica  di  congruita'   della
retribuzione erogata,  non  e'  pertanto  riscontrabile  (a  meno  di
ipotizzare inammissibili forzature interpretative)  l'ipotesi  legale
di cui si sta ora discutendo. 
    48. Venendo ora  all'esito  del  giudizio  con  riferimento  alla
domanda subordinata proposta dal ricorrente, va detto  che  anch'esso
non risulta integrare, in alcun modo, una  situazione  di  abuso  del
processo,  evidenziando  per  contro,  in  capo  al  lavoratore,  una
condotta del tutto corretta, improntata a totale buona fede. 
    49. La soppressione,  ancorche'  temporanea,  delle  integrazioni
contrattuali, previste dai  contratti  collettivi,  delle  indennita'
legali di infortunio e di malattia, e' questione che il  diritto  del
lavoro riconduce invariabilmente ad un'ipotesi di mutamento in  peius
della retribuzione acquisita al patrimonio del lavoratore,  cosi'  da
essere ritenuta inammissibile sul piano  giuridico,  in  applicazione
del noto principio di  irriducibilita'  della  retribuzione,  sancito
dall'art. 13 dello Statuto dei Lavoratori; pertanto una  controversia
avente   un   simile   oggetto   sfocerebbe,    inevitabilmente    ed
invariabilmente,  nella  piena  soccombenza  dell'impresa  che   tale
soppressione effettua e difende. 
    50. La questione si presenta  pero'  in  termini  piu'  complessi
nell'ipotesi in cui il prestatore sia un socio lavoratore  e  il  suo
rapporto lavorativo presenti la  natura  giuridica  del  rapporto  di
lavoro  subordinato,  come  nel  caso  del  ricorrente,  non  essendo
contestata dalle parti in causa la coesistenza, in capo al  medesimo,
dello status di socio lavoratore e, nel  contempo,  dello  status  di
lavoratore subordinato, che nelle cooperative di produzione e lavoro,
com'e' noto, possono coesistere, a norma della legge n. 142/2001. 
    51.  Nelle  cooperative  di  produzione   lavoro   sono   infatti
consentiti assetti regolamentari e delibere assembleari di  riduzione
temporanea dei  trattamenti  integrativi,  autorizzati  dall'art.  6,
comma 1, lettera d) ed e), della legge 3 aprile  2001,  n.  142,  che
peraltro li assoggetta a rigorose condizioni di ammissibilita', anche
in ragione del rinvio operato da tale  norma  all'art.  3,  comma  2,
lettera b), della stessa legge, al fine di evitare possibili abusi. 
    52.  La  controversia,  sul  punto  ora  in  esame,   e'   quindi
contrassegnata da un'indubbia complessita', in quanto  si  tratta  di
verificare, in concreto, la sussistenza di  tutte  le  condizioni  di
legge che consentono alla  cooperativa,  che  agisce  in  deroga,  di
operare in modo legittimo; controversia che, altrimenti  e  cioe'  in
assenza di un positivo e convincente riscontro da parte del  giudice,
comporterebbe  senza  dubbio  una  soluzione  opposta,  non   essendo
ammissibile, anche nell'ambito delle  cooperative  di  lavoro  ed  in
linea tendenziale,  la  riduzione  della  retribuzione  in  atto,  in
conformita' con la disposizione del citato art. 13 dello Statuto  dei
Lavoratori. 
    53. Venendo ora all'art. 92, comma 2, codice di procedura  civile
(nel testo vigente), la fattispecie  subordinata  ora  in  esame  non
puo', in alcun modo, essere inquadrata ne' nell'ipotesi dell'assoluta
novita'  del  caso  deciso  ne'  in  quella   del   mutamento   della
giurisprudenza rispetto  alle  questioni  dirimenti,  trattandosi  di
problematica: 1) che in linea di principio e' del tutto nota, ma  che
impone poi verifiche caso per caso, in ordine alla sussistenza  delle
condizioni fattuali per l'applicazione delle norme; 2)  che  non  da'
luogo a problemi di ordine interpretativo delle norme di riferimento. 
    54.  Cio'  premesso,  il  caso   qui   in   esame   puo'   essere
sinteticamente cosi'  descritto,  in  riferimento  alla  problematica
delle spese di lite: 
        A) avuto riguardo alla domanda principale,  si  evidenzia  il
mutamento del CCNL di  riferimento  per  la  verifica  di  congruita'
retributiva richiesta dal ricorrente, rispetto a quello utilizzato in
precedenti similari vertenze, situazione questa del tutto  imprevista
ed imprevedibile per il lavoratore che qui agisce in giudizio; 
        B) avuto  riguardo  alla  domanda  subordinata  si  evidenzia
l'oggettiva  difficolta',  per  il  ricorrente,   di   prevedere   le
valutazioni ed i riscontri che potranno  poi  essere  effettuati  dal
giudice, alla luce delle specifiche difese della resistente, al  fine
di stabilire se la soppressione dei trattamenti  integrativi  di  cui
sopra (e che a norma dei CCNL applicati dalla convenuta gli sarebbero
dovuti) sia o meno legittima. 
        C) in entrambi i casi, quindi, ci  troviamo  in  presenza  di
circostanze di difficile conoscibilita'  a  priori,  in  ordine  alle
rispettive ragioni delle parti e a quelle della  parte  convenuta  in
particolare. 
    55. Si tratta di situazione presa in considerazione dalle Sezioni
Unite della Corte di Cessazione, nelle piu' volte citate sentenze  30
luglio 2008, nn. 20598 e 20599, come emerge sopra, al punto n. 17, ma
che  non  puo'  invece  formare  oggetto  di  alcuna   considerazione
nell'ambito del testo attualmente  vigente  dell'art.  92,  comma  2,
codice di procedura civile. 
    56. Nel contesto sopra delineato emerge allora, in modo del tutto
chiaro, quanto segue: 
        il Tribunale non potrebbe esimersi, sulla base  del  disposto
attualmente vigente  dell'art.  92,  comma  2,  codice  di  procedura
civile, dall'obbligo di condannare il ricorrente al  pagamento  delle
spese di lite, non rientrando le domande  proposte  dal  medesimo  in
alcuna delle tre  ipotesi  tassative  previste  dal  testo  normativo
novellato; 
        ad una diversa conclusione il Tribunale potrebbe pervenire se
viceversa fosse vigente il precedente testo dell'art. 92,  2°  comma,
codice di procedura civile, quello facente seguito  alla  novella  di
cui all'art. 45, comma 11, della legge 18 giugno 2009, n. 69; e  cio'
in quanto  le  situazioni  sopra  rappresentate  costituiscono  senza
dubbio gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle  spese  di
lite; 
        alla stessa conclusione il Tribunale potrebbe pervenire se la
norma  attualmente  vigente  presentasse  una  formulazione  di  tipo
esemplificativo (cosa che peraltro non e' ne' e'  possibile  ricavare
per via interpretativa) e cioe' indicasse i  tre  casi  come  ipotesi
esemplificative di riferimento, lasciando al giudice la  possibilita'
di utilizzarne altri, secondo la ben nota varieta'  della  casistica,
avuto riguardo ai parametri di gravita' ed  eccezionalita'  emergenti
dai tre casi enunciati a titolo esemplificativo; 
        quest'ultima   strada   non   puo'   pero'   esser   percorsa
direttamente dal Tribunale, dal momento che si colloca al di la' e al
di fuori dei possibili interventi  interpretativi  del  giudice,  ivi
compreso  quello  di  interpretare  le  norme  in  modo  conforme   a
Costituzione,   in   applicazione   dell'autorevole   e   consolidato
orientamento ed insegnamento della Corte costituzionale; 
        quello che pero'  non  puo'  fare  il  Tribunale,  in  quanto
sconfinerebbe in un'attribuzione propria del Giudice delle Leggi,  lo
puo' invece fare quest'ultimo. 
VIII. Conclusione. 
    57. Va dato atto a questo punto che la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 92, comma 2, codice di procedura civile (nel
testo novellato dall'art. 13 del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.
132, convertito con modificazioni dalla legge 10  novembre  2014,  n.
162), prospettata alle parti dal giudice e in ordine  alla  quale  le
stesse concludono nei termini  riportati  all'inizio  della  presente
ordinanza, appare senza dubbio rilevante rispetto  alla  porzione  di
giudizio non ancora decisa, concernente il regolamento delle spese di
lite. 
    58.  Essa  appare  anche   non   manifestamente   infondata,   in
riferimento ai seguenti parametri costituzionali: 
        art.  3,  comma  1,  Cost.,   inteso   quale   principio   di
ragionevolezza delle scelte legislative; 
        art.  3,  comma  1,  Cost.,   inteso   quale   principio   di
eguaglianza, avuto riguardo alle situazioni prese  in  considerazione
dalla norma e, quale tertium comparationis, alle  situazioni  escluse
da essa, quali esaminate dalla Corte di Cassazione e  ritenute  dalla
stessa meritevoli di compensazione (cfr. sopra, punti nn. 16 e 17); 
        art. 24, comma 1, Cost., relativo  al  diritto  d'azione  del
cittadino; 
        art. 111, comma 1, Cost., relativo al giusto processo,  avuto
riguardo  ai  poteri  del  giudice,  per  realizzare  il  compito  di
giustizia del caso concreto che istituzionalmente gli e' attribuito. 
    59. Un ulteriore parametro che  viene  sottoposto  all'attenzione
del Giudice delle Leggi, in quanto contribuisce ad evidenziare la non
manifesta infondatezza della questione qui posta,  e'  infine  l'art.
69, par. 3, comma 1 (relativo alla compensazione delle spese di  lite
per «motivi eccezionali») del Regolamento di procedura della Corte di
Giustizia UE 19 giugno 1991; norma che viene applicata dalla Corte di
Giustizia quando vi siano valide ragioni per ritenere la «buona fede»
della parte soccombente,  ad  esempio  in  dipendenza  dell'oggettiva
complessita'   della   controversia   ovvero   in   conseguenza    di
atteggiamenti della  parte  processualmente  vittoriosa  che  abbiano
ingenerato errori  nell'altra  parte;  o,  ancora,  quando  siano  in
discussione difficili e complesse questioni giuridiche o si tratti di
situazione giuridica  incerta  o,  infine,  quando  appaia  opportuno
sanzionare il  comportamento  pre-processuale  o  anche  processuale,
abusivo o manifestazione scorretto di una delle parti. 
    60. Alla luce delle considerazioni che precedono  la  prospettata
questione di legittimita' costituzionale, la cui definizione  risulta
rilevante rispetto al giudizio in corso,  va  pertanto  ritenuta  non
manifestamente infondata;  con  conseguente  avvio  del  procedimento
davanti al Giudice delle Leggi. 
    61. Valutera' la Corte costituzionale se adottare  una  pronuncia
di illegittimita' costituzionale della norma denunciata, che  farebbe
rivivere il testo precedente, dal momento che  la  prima  costituisce
mera modifica  del  secondo,  ovvero  conservare  il  testo  attuale,
indicando con una  pronuncia  interpretativa  di  rigetto  ovvero  di
accoglimento parziale, il percorso destinato a consentire alla  norma
di essere intesa come  «fattispecie  aperta»  (ovvero  di  «meramente
esemplificativa»), cosi' da costituire parametro di  riferimento  per
l'individuazione di ulteriori casi, ragguagliati a  quelli  tipizzati
sotto il profilo della «gravita' ed eccezionalita'». 

(1) Doc. n. 7 degli Allegati alla presenteordinanza. 

(2) in sub-fascicolo n. 1. 

(3) Cfr., per questo  paragrafo,  La  giurisprudenza  sul  codice  di
    procedura civile coordinato con la dottrina, Aggiornamento  2013,
    Libro I, Tomo II (articoli 75-111), Milano, Giuffre' Ed., 2014, ,
    art. 92, par. 13, pp. 620-622 (doc.  n.  8  degli  Allegati  alla
    presente ordinanza). 

(4) Doc, n. 9 degli Allegati alla presente ordinanza. 

(5) Doc. n. 10. pp. 5-6, degli Allegati alla presente ordinanza  (pp.
    corrispondenti a quelle delle sentenze delle Sezioni Unite,  doc.
    n. 9, pp. 10-11 e 14-15 degli Allegati alla presente ordinanza). 

(6) Doc. n. 10, p. 6, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(7) Cfr., per questo  paragrafo,  La  giurisprudenza  sul  codice  di
    procedura civile cit., art. 92, par. 19, pp. 629-631 (doc.  n.  8
    degli Allegati alla presente ordinanza). 

(8) Doc. n. 9, p. 11, degli Allegati alla  presente  ordinanza;  cfr.
    anche La giurisprudenza sul codice di procedura civile cit., art.
    92, par. 19, p. 629 (doc.  n.  8  degli  Allegati  alla  presente
    ordinanza). 

(9) Su cio' cfr. La giurisprudenza sul  codice  di  procedura  civile
    cit., art. 92, par. 19, p. 630 (doc. n.  8  degli  Allegati  alla
    presente ordinanza). 

(10) Doc. n. 11, p. 3, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(11) Doc. n. 9, p. 12, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(12) Cfr., per questo paragrafo.  La  giurisprudenza  sul  codice  di
     procedura civile cit., art. 92, par. 14, pp. 622-624 (doc. n.  8
     degli Allegati alla presente ordinanza). 

(13) Doc. n. 9, pp. 14-15, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(14) Su cio' cfr. La giurisprudenza sul codice  di  procedura  civile
     cit., art. 92 par. 15, pp. 624-625 (doc.  n.  8  degli  Allegati
     alla presente ordinanza). 

(15) L'art.  370  codice  di  procedura  civile  del  1865  stabiliva
     infatti, al 2° comma, quanto segue:  «Quando  concorrono  motivi
     giusti, le spese possono dichiararsi compensate in  tutto  o  in
     parte» (doc. n. 1 degli Allegati alla presente ordinanza). 

(16) Doc. n. 6 degli Allegati alla presente ordinanza. 

(17) La giurisprudenza sul codice di procedura civile cit., art.  92,
     par. 14 e 19, pp. 622-624 e 629-631 (doc. n.  8  degli  Allegati
     alla presente ordinanza) 

(18) Doc. n. 12, p. 12, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(19) Sul punto cfr. anche La giurisprudenza sul codice  di  procedura
     civile cit., art. 92, par. 14, p. 622 (doc. n. 8 degli  Allegati
     alla   presente   ordinanza),   che    incorre    peraltro    in
     un'inesattezza, quella di ritenere che la pronuncia  6  dicembre
     2003, n. 18705, sancisca che «i giusti motivi ... sfuggono,  per
     loro lo stessa natura, a qualsiasi enunciazione o  catalogazione
     anche soltanto esemplificativa», laddove la Corte afferma invece
     che «i giusti motivi si sottraggono a qualunque elencazione  che
     non sia meramente esemplificativa»; la quale ultima  elencazione
     esemplificativa viene pertanto ritenuta  del  tutto  plausibile,
     come del resto appare logico, mentre non e' logico ritenere  che
     l'elencazione non possa essere neppure esemplificativa. 

(20) Doc. n. 9, pp. 14-15, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(21) Brevi considerazioni  sulla  motivazione  del  provvedimento  di
     compensazione delle spese di lite per giusti motivi,  in  Giust.
     civ., I, 2016, I, p.  1171  (Doc.  n.  15  degli  Allegati  alla
     presente  ordinanza.).  Tale  proposta  e'  richiamata   in   La
     giurisprudenza sul codice di procedura  civile  cit.,  art.  92,
     par. 19,  p.  631  (doc.  n.  8  degli  Allegati  alla  presente
     ordinanza). 

(22) Su tutto cio'  cfr.  Diritto  processuale  comunitario,  Milano,
     Giuffre' Ed., 1994, par. 3.8.1.  (L'obbligo  delle  spese),  pp.
     123-124 (doc. n. 14 degli Allegati alla presente ordinanza). 

(23) Le spese di lite nel processo civile nelle recenti  riforme,  in
     Spese nel processo civile, Vicalvi (FR), 2012, pp.  20-21  (Doc.
     n. 16 degli Allegati alla presente ordinanza). 

(24) La nuova normativa entra in vigore l'11 dicembre 2014  (data  di
     deposito in cancelleria del ricorso  introduttivo  del  presente
     giudizio), dal momento che: a norma del 2°  comma  dell'art.  13
     del decreto-legge n. 132/2014, convertito con legge 261/2014, il
     1° comma di tale art. 13 (contenente la modifica  dell'art.  92,
     2° comma, c.p.c.),  si  applica  ai  procedimenti  introdotti  a
     decorrere dal 30° giorno successivo all'entrata in vigore  della
     legge di conversione; la legge di conversione  entra  in  vigore
     l'11 novembre 2014, a norma dell'art. 1, comma 2,  della  stessa
     legge di conversione; i 30 giorni citati  iniziano  a  decorrere
     dal 12 novembre  2014  (primo  giorno  successivo  a  quello  di
     pubblicazione  nella   Gazzetta   Ufficiale   della   legge   di
     conversione n. 261/2014) e si concludono all'11  dicembre  2014,
     primo giorno di applicazione dell'art. 92, comma 2, novellato. 

(25) Doc. n. 7, pp. 4-5, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(26) Doc. n. 30 prod. p. ricorr. 

(27) Doc. nn. da 20 a 29 e 32 prod. p. ricorr. 

(28) Doc. n.  7,  p.  5  e  nota  8,  degli  Allegati  alla  presente
     ordinanza. 

(29) Doc. nn. da 20 a 29 e 32 prod. p. ricorr.. 

(30) Doc. n 7, p. 5 e nata 8, degli Allegati alla presente ordinanza. 

(31) Sul cio' cfr. I mutamenti nella giurisprudenza della  Cassazione
     civile.  Quinquennio  1988-1992,  Padova,  Cedam,   1993.   Tale
     accurata  ricerca  registra  122  casi   di   «mutamento   della
     giurisprudenza» nel 1988, altrettanti nel 1989,  176  nel  1990,
     228 nel 1991 e 178 nel 1992; si tratta peraltro di casi che, nel
     volgere  di  ciascuno  degli  anni  presi   in   considerazione,
     divengono    piu'    propriamente     casi     di     «contrasto
     giurisprudenziale».